Il principio generale prevede che il tempo di viaggio della colf o badante dalla propria abitazione al luogo di lavoro non costituisce orario di lavoro e quindi non è retribuito, in quanto rientra nella normale mobilità del lavoratore.
Sussistono tuttavia alcune eccezioni:
1. il tempo impiegato per raggiungere una diversa sede di lavoro rientra nell'attività lavorativa vera e propria quando lo spostamento è funzionale rispetto alla prestazione. In modo particolare occorre computare nell'orario:
- il tempo per raggiungere la postazione dopo l'ingresso nel luogo di lavoro.
- il tempo per le operazioni preliminari obbligatorie ( come ad esempio il tempo utile per vestire una divisa che non può essere indossata prima di entrare al lavoro).
- ogni attività prodromica necessaria allo svolgimento delle mansioni ( tempo utile per l'accensione di macchinari come ad esempio la messa in funzione di un aspirapolvere che ha bisogno di precedente manutenzione, cambio sacchetto, etc. ).
Con riferimento alle casistiche di cui sopra si pensi ad esempio al caso di una colf che dopo essere entrata in casa ed avere indossato un grembiule, si reca nella depandance vicino all'abitazione, presso le stanze che è tenuta a riassettare.
Il tempo necessario per adempiere a dette mansioni da parte della collaboratrice rientra quindi nell'orario di lavoro che deve essere retribuito.
2. Nel caso di viaggi 'comandati' , ovvero spostamenti inevitabili derivanti da disposizione del datore di lavoro:
- il tempo va computato come effettivo;
- non rileva il mezzo utilizzato ( del datore/aziendale o proprio );
- è sufficiente la non coincidenza tra luogo di inizio e fine turno per esigenze del datore di lavoro.
Si pensi ad esempio al caso di una colf alla quale viene richiesto eccezionalmente di svolgere le proprie mansioni presso un'altra abitazione ( ad esempio presso la residenza di un figlio o di un genitore del datore ) dopo avere preso servizio presso l'abitazione principale.
Se la collaboratrice si sposta da casa del datore di lavoro presso il nuovo indirizzo dove effettuare le faccende domestiche, il tempo di viaggio è computato all'interno dell'orario lavorativo
3. Prestazione con presa di servizio in un luogo diverso rispetto a quello normalmente previsto, ad esempio indicato nella lettera di assunzione.
Nel caso il datore di lavoro chieda di svolgere una prestazione in un luogo diverso da quello "normale", il lavoratore è tenuto a presentarsi nell'orario indicato presso il diverso luogo di lavoro.
Principio generale vuole che il tempo necessario per raggiungere la nuova sede di lavoro non debba considerarsi come effettuazione di attività lavorativa e pertanto non va retribuita. La giurisprudenza ha infatti introdotto il cosiddetto principio di funzionalità: il tempo che il lavoratore impiega per raggiungere il luogo di lavoro non rileva ai fini del computo del monte orario della prestazione lavorativa, in quanto durante il tragitto il dipendente non risponde ad alcuna direttiva.
Se il nuovo luogo di lavoro, inoltre, si trova ad una distanza maggiore rispetto a quella del luogo di lavoro ordinario, il datore di lavoro non è tenuto a rimborsare le spese per il viaggio, salvo espressa previsione contenuta nel contratto collettivo che, per il caso del lavoro domestico, si limita al caso dei lavoratori conviventi che seguono l'assistito: "Il lavoratore convivente di cui all’art. 15, comma 1, è tenuto, ove richiesto dal datore di lavoro, a recarsi in trasferta, ovvero a seguire il datore di lavoro o la persona alla cui cura egli è addetto, in soggiorni temporanei in altro comune e/o in residenze secondarie. In tali località il lavoratore fruirà dei riposi settimanali. Nei casi di trasferta indicati al comma 1, saranno rimborsate al lavoratore le eventuali spese di viaggio che egli abbia direttamente sostenuto in tali occasioni."
4. Per ottenere il riconoscimento delle differenze retributive:
- il lavoratore deve provare specificamente l'entità della prestazione.
- non sono sufficienti allegazioni generiche sui tempi minimi.
- possono essere utilizzati i dati di geolocalizzazione aziendale.
In conclusione, la retribuibilità delle ore di viaggio, quando comandate dal datore di lavoro, dipende dalle concrete modalità di svolgimento degli spostamenti e dal loro collegamento funzionale con la prestazione lavorativa.
La Giurisprudenza più recente tende ad ampliare le tutele per i lavoratori, specialmente quando gli spostamenti sono necessari ed al loro collegamento funzionale con la prestazione lavorativo.