Decesso dell'assistito e maternità della badante: come procedere
Nel caso di decesso della persona assistita è legittimo licenziare una badante in gravidanza o il cui bambino non ha ancora compiuto i tre mesi?
Nel rapporto di lavoro domestico è aperta la discussione, che non trova una risposta univoca e diretta ma è frutto di varie interpretazioni.
Il Contratto Collettivo colf e badanti prevede all'art. 25 la tutela della maternità, ed in particolare sancisce al comma 3 l'impossibilità di licenziamento:
Art. 25: Tutela delle lavoratrici madri
1. Si applicano le norme di legge sulla tutela delle lavoratrici madri, con le limitazioni ivi indicate, salvo quanto previsto ai commi successivi.
2. È vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto, salvo eventuali anticipi o posticipi previsti dalla normativa di legge;
b) per il periodo eventualmente intercorrente tra tale data e quella effettiva del parto;
c) durante i 3 mesi dopo il parto, salvo i posticipi autorizzati.
Detti periodi devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla gratifica natalizia e alle ferie.
3. Dall'inizio della gravidanza, purché intervenuta nel corso del rapporto di lavoro, e fino alla cessazione del congedo di maternità, la lavoratrice non può essere licenziata, salvo che per giusta causa. Le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice in tale periodo sono inefficaci ed improduttive di effetti se non comunicate in forma scritta e convalidate con le modalità di cui all'art. 38 comma 9. Le assenze non giustificate entro i cinque giorni, ove non si verifichino cause di forza maggiore, sono da considerare giusta causa di licenziamento della lavoratrice.
4. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento, ai sensi del comma 3, la lavoratrice non è tenuta al preavviso.
5. Si applicano le norme di legge sulla tutela della paternità nonché sulle adozioni e sugli affidamenti preadottivi, con le limitazioni indicate.
Dichiarazione a verbale:
Le Organizzazioni Sindacati dei lavoratori esprimono la necessità di superare i limiti attuali adeguando la normativa contrattuale a quanto previsto dalla convenzione OIL n. 189/2011. Pertanto, al fine di parificare le tutele di tutte le lavoratrici, promuoveranno ogni utile iniziativa nei confronti di enti, organi e istituzioni.
Dichiarazione a verbale
Le Associazioni dei datori di lavoro ritengono che le attuali normative di legge rispettano sostanzialmente il dettato dalla Convenzione OIL n. 189/2011 che prevede, in favore delle lavoratrici del settore domestico, condizioni non meno favorevoli di quelle applicabili agli altri settori tenuto conto delle particolari condizioni esistenti nell'ambito delle famiglie, datrici di lavoro domestico.
Nel Contratto Collettivo dei lavoratori domestici viene quindi omesso il tema del licenziamento durante la maternità in caso di decesso del datore di lavoro o della persona assistita.
Si precisa, tuttavia, che la morte del datore di lavoro o dell'assistito non può essere considerata una giusta causa di licenziamento (art. 40 co. 5 Ccnl).
Decesso dell'assistito e maternità della badante: quando datore e assistito non coincidono
L'art 25 sopra citato, nelle dichiarazioni a verbale, fa riferimento per prima cosa alla convenzione OIL n. 189/2011 in cui si sancisce che i lavoratori domestici devono godere di condizioni non meno favorevoli di quella applicabili all'insieme dei lavoratori in materia di sicurezza. I due punti fondamentali sono:
- i lavoratori domestici devono avere le stesse tutele a livello sociale di tutti gli altri lavoratori dipendenti;
- queste tutele comprendono anche quelle riguardanti la maternità.
Questa legge prevede un collegamento stretto tra rapporto di lavoro domestico e lavoro subordinato dipendente. Per questo si potrebbe accomunare il lavoratore domestico a tutti gli altri dipendenti.
Che cosa succede ad un normale lavoratore subordinato quando il titolare della sua azienda muore e cessa l'attività?
Nel Decreto legislativo n. 151/01 all'articolo 54 al comma 3 punto b) si legge:
"il divieto di licenziamento non si applica nel caso di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa (ossia la lavoratrice) è addetta"
Per analogia, si potrebbe equiparare il decesso del datore nel rapporto di lavoro domestico, alla cessazione dell'attività nel caso di lavoratrice di un'azienda.
Pertanto sarebbe legittimo il licenziamento della collaboratrice in maternità per decesso del datore di lavoro: la morte del datore di lavoro rende cioè impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Tuttavia, accade spesso che il contratto di lavoro non sia intestato alla persona che riceve realmente la prestazione, come nel caso in cui un figlio assume una badante per assistere il padre.
In questo caso il datore di lavoro è il figlio, ma chi riceve la prestazione è il padre. Se il padre viene a mancare, la lavoratrice non può più svolgere la mansione per la quale era stata assunta, anche se essendo ancora in vita il datore di lavoro, il rapporto di lavoro potrebbe continuare.
In casi come questo sono possibili due diverse interpretazioni: si potrebbe pensare che la morte dell'assistito, come la morte del datore, renda impossibile continuare il rapporto di lavoro; ma si potrebbe pensare anche che, al rientro della maternità, la collaboratrice potrebbe essere impiegata per mansioni diverse rispetto a quelle per le quali era stata assunta, senza bisogno di interrompere il rapporto.
Non essendo specificato nulla in merito, e trattandosi di un caso limitato al lavoro domestico, per tutelare il datore di lavoro da successive vertenze, si ritiene sia più corretto attendere che la lavoratrice rientri dalla materità, e solo dopo il suo rientro, cessare il rapporto di lavoro.