Obblighi contrattuali degli eredi nel rapporto di lavoro domestico
Nel caso di decesso del datore di lavoro, in quale posizione vengono a trovarsi gli eredi con riferimento al rapporto di lavoro domestico ed in quale tipo di responsabilità possono incorrere?
Stante la particolare natura del rapporto di lavoro domestico, quale tipico contratto fondato sulla fiducia dove assumono particolare rilevanza le qualità individuali dei soggetti contraenti, i sindacati in fase di stipula del CCNL hanno sentito l'esigenza di disciplinare in maniera specifica il caso del decesso del datore di lavoro. L'art 39, co. 7 e 8, CCNL del lavoro domestico stabilisce che "In caso di morte del datore di lavoro domestico il rapporto può essere risolto con il rispetto dei termini di preavviso. I familiari coabitanti, risultanti dallo stato di famiglia, sono obbligati in solido per i crediti di lavoro maturati fino al momento del decesso".
Una parte della dottrina, basandosi su quanto indicato dal Ccnl, distingue quindi tra:
1. Eredi conviventi: solo i familiari coabitanti risultanti dallo stato di famiglia sono obbligati in solido per i crediti di lavoro maturati sino alla data della morte. Questo perché con la coabitazione il familiare convivente col datore è entrato in qualche modo a far parte del rapporto domestico tale che vi è una implicita fruizione della prestazione resa dal collaboratore. Nei confronti degli eredi conviventi possono essere rivendicati debiti retributivi e previdenziali ma con alcune limitazioni. Il chiamato all'eredità deve infatti essere messo nella condizione di conoscere le passività di cui andrebbe a farsi carico accettando l'eredità affinché la sua scelta possa implicare la sua responsabilità personale. Significa che il lavoratore potrà avanzare pretese legate al rapporto di lavoro il cui datore è deceduto, solo se le rivendicazioni si basano su documenti preesistenti alla data del decesso.
2. Eredi non conviventi: in tal caso la mancanza di convivenza comporta una presunzione di non conoscenza in capo all'erede e pertanto il collaboratore non potrà avanzare nei suoi confronti rivendicazioni e/o richieste di eventuali spettanze retributive e contributive. Le uniche posizioni passive che possono essere trasmesse agli eredi non conviventi sono quelle che risultano giudizialmente accertate o in fase di accertamento al tempo della morte del datore di lavoro, ne consegue che l'erede non convivente non potrà essere chiamato in causa per rapporti e crediti da accertare. Dunque il TFR o le ferie non ancora godute che compaiono in calce all'ultimo cedolino elaborato possono essere crediti rivendicabili anche agli eredi non conviventi mentre differenze di retribuzione, straordinari, ecc... non lo sono.
La questione però è controversa in quanto altra parte della dottrina sostiene invece che la divisione tra erede convivente o non convivente non incide sulla trasmissibilità dei debiti del datore ma che ci si debba esclusivamente basare sul fatto che l’eredità sia stata o meno accettata dall’erede con l’automatica inclusione dei relativi debiti.
Nel diritto italiano la morte di una persona non comporta automaticamente il trasferimento del patrimonio di quest’ultimo al suo erede ma è sempre necessario che l’erede o gli eredi accettino l’eredità, in modo espresso o tacito.
L’accettazione é espressa quando l’erede dichiara con atto pubblico o scrittura privata la propria volontà di accettare l’eredità e tacita invece quando l’erede compie un atto, diverso dall’accettazione espressa dell’eredità, che però presuppone necessariamente la sua volontà di accettarla. Ciò accade per esempio quando l’erede vende un bene che fa parte del patrimonio del defunto.
Secondo tale parte della dottrina quindi la questione sugli obblighi contrattuali degli eredi nel rapporto di lavoro domestico è più semplice:
- se l’erede accetta l’eredità dovrà rispondere di tutti i debiti che derivano dall’accettazione del patrimonio e quindi anche di quelli che sorgono in seguito all’instaurazione di un rapporto di lavoro domestico;
- se il chiamato all’eredità dichiara espressamente di non accettare l’eredità invece non diviene erede e quindi non sarà responsabile del pagamento dei debiti sorti in capo al datore di lavoro domestico.