Ottimo esempio quello della dislessia. Una persona alle prese con lo scritto cinese o arabo sarebbe dislessico in Cina o in Arabia e totalmente incapace di fare i propri interessi. Avrebbe dunque bisogno di un interprete per fare i propri interessi: di un amministratore di sostegno in pratica. Avrebbe difficoltà a pagare la donna delle pulizie il giusto, ma saprebbe dirle cosa deve pulire. Nulla osta che l’interprete faccia anche le pulizie, a patto che qualcuno controlli la sua retribuzione.
Sogno o son desto?
Certo, non siamo ancora alle vette di confonde un
amministratore per l'altro ma tante corbellerie tutte insieme fanno comunque impressione.
La dislessia è una neurodiversità. Trattasi di un disturbo, intesi? Bene. Ne consegue che la persona "alle prese con lo scritto cinese o arabo" non è dislessica. Chi è alle prese con una lingua sconosciuta non soffre di alcun disturbo. Semplicemente abbisogna di una traduzione (oggigiorno basta inquadrare il testo con uno smartphone e utilizzare Google Lens, ad esempio).
Ora, chiarito quanto sopra veniamo alla seconda follia: "un interprete per fare i propri interessi" non è "un amministratore di sostegno in pratica". L'assistito da amministratore di sostegno si trova, e cito, "in una situazione di incapacità o impossibilità, anche parziale o temporanea, derivante da menomazione fisica (i soggetti con disabilità, anziani non autosufficienti, lungodegenti) o psichica".
Chi si trova in Cina senza conoscere il cinese non ha certo bisogno di un amministratore di sostegno (a tacere delle peculiarità dell'ordinamento cinese). Dovrà, al più, stipulare un regolare contratto per soddisfare le proprie necessità (tra le quali, ad esempio, una traduzione).