PROPOSTA DI COME L'INPS DOVREBBE INTERPRETARE IL CALCOLO DELLA NUOVA TASSA:
Il testo oggetto della questione è la legge 92/2012 e in particolare l'art 2 al comma 31, che è stato modificato dopo l'entrata in vigore dell'Aspi, dove si legge: " In tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41% del massimale mensile di Aspi per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni (...)"
Per il 2013 il massimale previsto è di 1152,90 euro e il 41% di tale quota è 472,76.
Ora nasce il problema: la legge fissa come valore da versare una somma "per ogni 12 mesi di anzianità aziendale" negli ultimi tre anni.
Su questo punto alcuni esperti sostengono che il contributo sia dovuto anche per le frazioni di mese. Ciò significa che , nel caso di un collaboratore con 1 anno e 10 mesi di anzianià il contributo da versare sia 472,69/ 12 per 22 mesi, computando così anche una parte di anno lavorativo.
Questa interpretazione però non sembra condivisibile poichè essa si riferisce ad una quota mensile, esclusa espressamente dalla norma stessa.
La questione, poi, si focalizza anche su un altro concetto fondamentale: cosa si intende per anzianità aziendale?
Per capire il significato occorre comparare la legge 92/2012 citata sopra con la legge 223/1991 art. 16 comma 1°che specificando i requisiti per l'accesso all'indennità di mobilità specifica il concetto di anzianità aziendale. In essa si legge:
"Nel caso di disoccupazione derivante da licenziamento per riduzione di personale ai sensi dell'art. 24 da parte delle imprese (...) il lavoratore, operaio, impiegato o quadro, qualora possa far valere una anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività,e infortuni con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine, ha diritto all'indennità di mobilità ai sensi dell'art. 7"
In questo articolo viene evidenziata la distinzione tra anzianità aziendale tout court e l'effettività della prestazione. Rimane quindi un dubbio se si debba far riferimento alla pura durata contrattuale o al lavoro effettivamente prestato.
Nel caso specifico, però, per una maggior equità tra i rapporti di lavoro part-time rispetto a quelli full-time la corretta interpretazione sarebbe quella che si basa sulle ore di lavoro effettivamente svolte. Ciò eviterebbe che un datore di lavoro di una colf che lavora 4 ore a settimana paghi lo stesso contributo di licenziamento di un datore avente una badante convivente per 50 ore settimanali.
Appare quindi più aderente alla norma pagare il contributo sull'effettivo lavoro e versare tale contributo di 472,69 euro solo al verificarsi dei multipli di 12 mesi di anzianità e non anche nelle relative frazioni.
Se l'interpretazione è corretta ne conseguirebbe che:
- per i collaboratori che vengono licenziati prima dei 12 mesi non andrebbe pagato alcun contributo per il licenziamento.
- per i collaboratori licenziati a metà anno andrebbero pagati solo gli anni completi di anzianità e quindi se una badante lavora 1 anno e 11 mesi venga versata solo la quota di 472,69 euro
- l'anzianità calcolata per i collaboratori part-time non è regolata solo dalla data in cui è sorto il contratto ma anche dalla percentuale di lavoro in rapporto al tempo pieno. Quindi se una colf lavora 10 ore settimanali con percentuale 25% per una durata di 2 anni, poichè 25% del primo anno + 25% del secondo anno= 50% di un anno full time e quindi 6 mesi di anzianità effettiva, il contributo di licenziamento non andrebbe pagato perchè inferiore ai 12 mesi.
Rimaniamo in attesa di nuove circolari per sapere come procedere ma auspichiamo che sia la soluzione adottata dall'INPS....